-Testi scelti dalla raccolta inedita La forma imperfetta-
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Lo sguardo quotidiano
Lo sguardo quotidiano di te
che acconcia i fiori,
come parole
da disporre con ordine
nella vita.
Le finestre accolgono luci
e questi inverni.
Simile a neve
fiorisce l’assenza
anche negli occhi,
nelle labbra nomadi
che nel chiamarti
smarriscono il mondo
Faber
A Fabrizio De André
La sera,
quando le finestre si fanno leggere
un foglio s’impiglia
tra i rami e la luna;
tu germoglio chiamato
alla primavera perenne.
Maggio profuma
di una solitudine così umana,
e tutto
sembra farsi più lontano:
la voce e la terra,
i ricordi, il mare,
un grembo di pietre,
i contorni di una poesia
che vince su ogni guerra,
le stanze vuote e le parole,
gli anni venerati dalla stanchezza.
Cos’è
questo ritornare
sempre a riva,
a volte come Pescatore,
a volte in forma di conchiglia.
Un manicomio per i poeti
-Ho immaginato una rivincita per Alda Merini-
Erigeremo un manicomio
dove il sangue,
l’elettrochoc del verso
possa scorrere in vene di bellezza
e mangiarsi il bianco
di ogni dottorale indifferenza.
Dove i polsi e le mani si sleghino al silenzio
e come rondini libere
virino all’essenza della parola.
Dove i pensieri si internino in un “Tavor” d’amore.
Erigeremo un manicomio
dove i nostri corpi saranno derisi e martoriati
solo dalla febbre di una penna,
dove la vita possa strappare le tuniche
gridando a fogli d’anima.
È follia o saggezza…
ritrovarsi come un fragile fiore
che abita alla finestra
e chiede solo,
di tanto in tanto,
compassione d’acqua?
La stoffa dell’insegnante
Forse dovrò insegnare agli angeli
a disabituarsi alle piume,
a volare contenendo le altezze,
a sporcarsi di tanto in tanto
di nero le mani.
Forse dovrò insegnare ai gatti
nuovi vicoli e soglie di casa
su cui aspettare,
a dare meno confidenza alla luna di sera,
a pensare infine
che le lische potrebbero anche essere
… lische di gatto.
Forse dovrò insegnare ai viaggiatori
un nuovo mezzo di locomozione
simile al cuore.
A tratteggiare i paesaggi
di ogni partenza e ritorno,
a sorreggere le valigie e gli occhi
oltre il confine sottile
della terra e del mare.
E al silenzio?
ad essere il mio seguace infedele,
ad essere schiamazzo di foglie,
ad essere il punto d’incontro
tra una bolla di sapone
ed un uragano di pensieri.
E ai pescatori?…
E alle madri?
forse l’unico dovere
di continuare ad essere fiori.
Ho la stoffa dell’insegnante,
… ne parlano anche le stelle.
Ora,
devo solo imparare a cucirmi l’abito.
Per la coda del cuore
Ai portatori di handicap
E metti, se puoi,
le parole controluce,
guardaci dentro, soffiale.
Sono gesti,
che ci danno
un minuto di gambe
che possono correre,
una mano meno incerta
che solleva un cucchiaio, la terra,
un sorriso più uomo,
un suono che tocca il nome degli oggetti,
una lingua che copre lo spazio
lasciato dagli occhi.
L’imperfezione
è un silenzio chiaro,
un’ombra
più vicina al tuo viso
che al mio.
E metti, se puoi,
il tuo sguardo,
il tuo tempo più lungo controluce.
Guardaci dentro,
aggrappati a noi,
come si fa con le nuvole,
per la coda del cuore.
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Alberto Barina è nato il 3 maggio 1975. Scrive e pubblica da autodidatta dall’età di diciassette anni, con sempre maggiore attenzione allo spessore ed al contenuto dei testi.
Dice di sé: «Molti mi chiamano poeta perché ora lo posso dimostrare attraverso tutta una serie di diplomi, certificati, di antologie più o meno importanti che contengono i miei testi, di auree suppellettili attribuitemi ed accumulate nel corso del tempo... o perché nel caos generalizzato del nostro vivere quotidiano mi viene spesso naturale affidarmi e nutrirmi di pensieri, ricordi, momenti di silenzio da riversare su inutili fogli di carta?
In molti poi mi chiedono perché ancora non esista una mia pubblicazione ufficiale (chissà se realmente la vorrei!), bella e lucida che emani scintille dagli scaffali delle librerie; ma vi siete mai chiesti se esista, oggi come oggi, anche solo un embrione di pensiero da parte di qualche persona disposta ad investire il suo tempo (e conseguentemente a prendersi pure la briga di leggere) nel promuovere nuove forme di scrittura, di poesia, di idee giovani, investendoci poi dei soldi? Se per caso invece vi capiti di incontrare una persona che persegua questo fine, tenetevela stretta, e non esitate ad informarne anche me.
... Credo al sorriso delle madri, agli occhi del mio cane, alle bugie che mi dico anche se non conducono lontano. Credo all’ironia che diventa forma di protesta; credo che la pace sia riposta nelle mani dei potenti e di conseguenza sia diventata un lusso che le nazioni non possono più permettersi (anche la pace ha i suoi costi!). Non credo alle sempre mutevoli e capricciose forme giornaliere della politica. Credo in una forma poetica prevalentemente libera dalle costrizioni della metrica, che si arrovelli però nella continua ricerca per disseppellire la bellezza, la musicalità delle parole e che restituisca loro la libertà, la dignità, ma che sia anzitutto veicolo di emozioni e messaggi importanti... per questo non sarò mai un bravo scrittore o non potrò mai essere definito poeta.
Mi spaventa più di ogni altra cosa lo spropositato potere che viene attribuito al denaro e che mi pare conduca ad un tunnel buio e senza fine, l’apparenza e la banalità che si sono sedute a comandare sul trono del mondo, la presunzione della gente».
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Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
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