Una recensione
a cura di Renata Ballerio
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“Le risposte non le trovi per caso”, scrive Alessio Brandolini nelle sue Mappe colombiane, mappe da lui definite “della nostra memoria,/ e dell’ignoto”. Ma non trovi per caso — io aggiungerei — neppure le domande.
Nell’ultima, intensa fatica poetica di Alessio Brandolini, provocata e germogliata da un viaggio in Colombia, si legge — se non erro — una sola domanda. A sigillo del secondo componimento poetico della raccolta essa zampilla, inattesa ma ineluttabile: “Non è questo/ l’agognato prodigio?”.
Gustiamo, dunque, il preludio a questa domanda, scandendolo nel suo ritmo e nella sua tonalità apparentemente prosaica: “Tra le rovine della casa/ ci sono insetti e serpenti./ Eppure lì, un fringuello/ vola e ogni tanto canta.// Nel cielo di fine giugno/ un fitto bosco di nuvole/ cela il sole alla vista/ agli alberi e alla terra.// Il tuo volto a notte inoltrata/ mi riconduce alla linea/ perfetta delle labbra:/ ricorda il delirio d’amore/ il rosso sonoro dell’alba/ intrecciato a fili d’azzurro.// Non è questo/ l’agognato prodigio?”.
La chiusa, quasi scheggia uscita dal fluire ritmico precedente: due quartine, una terza quartina che si infittisce e si espande per generare una domanda, o meglio la domanda della sorpresa, che è l’essenza stessa di ogni atto poetico. Rimaniamo increduli, sospesi, bloccati dal deittico che ci inchioda a quanto è vicino (“questo”), ma ecco il prodigio agognato, dunque sognato e duramente conquistato.
La poesia è la sorpresa del canto del fringuello tra le rovine, è il rovesciamento quasi ossimorico e inatteso (“[...] fitto bosco di nuvole”), è un ricondurci, malgrado la notte inoltrata, al ricordo del “[...] delirio d’amore”, in un’esplosione di colori che si fanno suoni e di materia che si fa leggera, come fili (“[...] rosso sonoro [...]/ intrecciato a fili d’azzurro”). Dobbiamo ripetere e pienamente condividere le parole che Armando Romero, colombiano, scrive nella prefazione: “È proprio strano il cammino del poeta, proteso verso il pericolo tanto quanto verso lo stupore”. È il cammino del lettore che esplora il labirinto poetico, in cerca di tracce, di bagliori che sono come “[...] un pensiero/ dalle ali di velluto/ sull’azzurro del lago” che “plana dolce e sicuro”. La raccolta di Brandolini, arazzo di colori — che gridano, dal verde smerigliato al dolore che sbianca nelle chiese barocche —, rappresenta il dono di un incontro vero, di un dialogo fitto. Dialogo con noi stessi, che siamo — con il poeta — viaggiatore “[...] strano/ straniero [...]”, anche noi indi.
E i versi suggeriti dalla Colombia di Botero, di Medellín, la città dell’eterna primavera, come ci dicono le guide, degli impervi sentieri delle Ande ci fanno sentire vicino quello che è lontano, possibile quello che sembra impossibile, come “mettere le radici nel vento”. È il prodigio della vera poesia racchiusa in Mappe colombiane.
Renata Ballerio
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Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
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