i Quaderni utili
-Per disvelare in poesia l’universo femminile-
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“i Quaderni utili” vogliono essere un omaggio ad alcune poetesse italiane contemporanee da parte di poeti ancora sconosciuti. Con umiltà e gratitudine.
Un’occasione per esplorare un lato oscuro di quella magnifica forma espressiva che è la poesia: l’universo femminile. Perché fino a poco tempo fa la donna gravitava attorno al centro dell’universo maschile. E da questo veniva immaginata, sognata, agognata, adorata, per poi essere scritta, dipinta, scolpita, cantata, fissata per sempre in forme artistiche sublimi, ma pur sempre dal punto di vista maschile, solo maschile. Fissata per sempre, appunto. Per secoli ingabbiata dal potere maschile, trattata come un oggetto d’ispirazione e desiderio; costretta, insomma, a non immaginarsi, pensarsi, scriversi.
Come ha osservato Virginia Woolf nel 1928, è uno strano mostro quello che si scopre leggendo storici e poeti: “Un verme con le ali di un’aquila; lo spirito della vita e della bellezza, rinchiuso in cucina a tagliare il lardo”1.
Una donna allontanata dalla sfera economica, compreso il mondo dell’editoria e dell’arte in generale, e chiusa in scomode case contadine prima, in comode magioni borghesi dopo. A questa coercizione sociale, a questa identità domestica costruita e impostale dagli uomini, la donna spesso risponde con la devianza e la trasgressione2. Ma è da considerarsi trasgressione la poesia, o solo la forma espressiva per eccellenza del suo essere stata reclusa senza peraltro avere mai conosciuto le sbarre di una prigione?
Filo conduttore che lega le voci di donne-poeta nel secolo trascorso è il bisogno forte di disseppellire ciò che è stato loro negato troppo a lungo, ciò che loro stesse credevano perduto per sempre, ma che è sopravvissuto alla prepotenza di chi si riteneva superiore.
Ancora oggi ciò che le donne hanno da dire in versi viene ignorato dalle antologie scolastiche, relegato su riviste specializzate, e confinato là dove s’addentrano soltanto pochi curiosi e coraggiosi. Pregiudizi duri a morire o paura che l’universo femminile possa svelare mondi finora sconosciuti, e per questo temuti? O forse, paura che le capacità della donna risultino pari o superiori a quelle dell’uomo, da sempre ai posti di comando nelle arti, nei mestieri e nelle professioni?
“La società è fatta per gli uomini. Siamo nel 2004 e non si concepisce la donna che vive sola, che vive di se stessa, che guadagna quello che può. Dà fastidio la donna che pensa, la donna intellettuale”3.
La poesia femminile del Novecento presenta diverse sfumature, ma ovunque si percepisce la voglia di riempire un vuoto, di riscattare vite spese nel silenzio, ingabbiate dentro divieti maschili più o meno espliciti. Donne in gabbia che riescono a conquistare la libertà attraverso la poesia. E le strade della libertà e della poesia hanno colori diversi: quelli dell’amore e della passione, quelli della follia e del suicidio, quelli della ricerca linguistica o della classicità. Un mondo femminile quanto mai vasto, non solo nei contenuti, ma anche nelle forme espressive.
“Oh dire, dire a qualcuno il mio dolore, la mia miseria; dirlo a me stessa, anzi, solo a me stessa, in una forma nuova, decisa, che mi rivelasse qualche angolo oscuro del mio destino”4.
Quaderni di versi, ispirati ai loro versi e dedicati a chi esprime un universo traboccante di immagini, sensazioni, emozioni e personaggi. Quaderni utili ad ampliare i nostri orizzonti, ad arricchirci di luci e ombre, ad interpretare il ruolo dei protagonisti anche solo per un po’. Quaderni per nulla inutili, come definì una sua raccolta Sergio Corazzini, alla quale mi sono ispirata per la scelta del nome da dare al progetto.
Semplice la realizzazione. Saltuariamente verrà presentata una poetessa. Numerose le citazioni dalle sue opere, che potranno essere utilizzate vuoi come spunto per la composizione di versi e pensieri, vuoi come scrigno a cui attingere sensazioni o immagini, da sviluppare in maniera del tutto personale e spaziando a proprio piacimento dalla poesia alla prosa alle parole in libertà. Ma si dovrà sempre tener presente la figura della poetessa proposta di volta in volta. Ogni autore potrà spedire un massimo di dieci lavori inediti agli indirizzi lorella.debon@katamail.com e staff@labileabile-traccia.com. I lavori ritenuti più validi dalla redazione del portale «L(’)abile traccia» saranno inclusi in un’antologia PDF, dunque virtuale, che comparirà on-line in una sezione apposita del sito. In alcuni casi si procederà a realizzare, dell’antologia di turno, anche una versione cartacea: si otterrà così un volume che, stampato e spedito esclusivamente a spese de «L(’)abile traccia», verrà inviato sia alle biblioteche dell’Umbria (e, eventualmente, di altre regioni), sia alla poetessa che lo ha ispirato, sia — sotto forma di singola copia gratuita — a ciascuno degli autori in esso contenuti.
Premetto che la scelta delle poetesse è del tutto arbitraria, quindi dettata dai miei gusti personali e discutibili. Potrà non essere condivisa, ma spero possa comunque suscitare curiosità e quel minimo di interesse che è da sempre stimolo alla conoscenza. In particolare, mi auguro di cuore che tale iniziativa trovi un ampio riscontro presso gli autori-uomini, evitando di rimanere un territorio esclusivo a loro inaccessibile, per tramutarsi invece in un luogo ove scambiarsi idee, ove creare versi condivisi e sinceri. Naturalmente, sono ben accette le critiche, onde migliorare di volta in volta il percorso intrapreso.
Ho deciso di dedicare il primo quaderno utile, che sarà cartaceo oltre che elettronico, alla grande Alda Merini. Vi invito dunque a sottopormi i vostri materiali. Buon lavoro a tutti.
Lorella De Bon
per lo staff de «L(’)abile traccia»
Per consultare la scheda relativa ad Alda Merini, cliccare qui.
1 ^ Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé.
2 ^ Lucetta Scaraffia, Essere uomo, essere donna, in Anna Bravo, Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia, Storia sociale delle donne nell’Italia contemporanea, Editori Laterza, Bari, 2001.
3 ^ Loris Mazzetti, La poesia accusata di libertà. Intervista ad Alda Merini, «Articolo 21 Liberi di», 13 marzo 2004.
4 ^ Sibilla Aleramo, Una donna; vedi anche Daniela Attanasio, L’incidenza della follia nell’opera di Amelia Rosselli e Alda Merini, «Poeti e poesia», n. 2, 2004 e Marisa Ferrario Denna, Itinerario novecentesco nella poesia al femminile (relazione di cui si è data lettura presso la Biblioteca dell’Istituto d’istruzione superiore “Edith Stein” di Gavirate — Varese —, durante un convegno del 23 febbraio 2001, e della quale è disponibile un’ampia sintesi all’indirizzo web http://digilander.libero.it/bibliis/Poesia%20femminile/poesia%20al%20femminile.htm).
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“Corpo, ludibrio grigio
con le tue scarlatte voglie,
fino a quando mi imprigionerai?
Anima circonflessa,
circonfusa e incapace,
anima circoncisa,
che fai distesa nel corpo?”.
(Alda Merini)
Alda Merini nasce a Milano il 21 marzo 1931, insieme alla primavera, mentre i contadini aprono la terra e nelle zolle depongono semi, come un poeta i suoi versi.
Il padre è impiegato alle “Assicurazioni Generali”, un uomo dall’aria sconfitta, di cui la figlia ricorda il cappotto consunto, vissuto e rivoltato mille volte, insieme a piccoli e preziosi attimi di felicità.
La madre è casalinga, sempre con un vecchio grembiule addosso, segno di abnegazione per la famiglia e di una maternità consolatrice e buona.
Alda frequenta le scuole professionali, quelle che aprono le porte di un ufficio, magari pubblico. Un sogno per molte ragazze, non per lei. Iniziano i primi piccoli impieghi e lo studio del pianoforte.
Compone le prime liriche a quindici anni; già prepotente, la vocazione letteraria si scontra con le doverose incombenze quotidiane. Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri, passa alcune sue poesie ad Angelo Romanò, che a sua volta le passa a Giacinto Spagnoletti, considerato il primo scopritore di Alda. Egli, nell’antologia Poesia italiana contemporanea 1909-491, inserisce Il Gobbo e Luce, che nel 1951, su suggerimento di Eugenio Montale e Maria Luisa Spaziani, vengono pubblicate dalla casa editrice Scheiwiller di Milano, con altre due poesie, in Poetesse del Novecento.
Negli anni dell’esordio, Alda incontra vari intellettuali, fra i quali Salvatore Quasimodo e Maria Corti. Con Giorgio Manganelli instaura un legame sentimentale profondo, che si scioglierà in modo traumatico.
La prima raccolta edita è La presenza di Orfeo2. Varie poesie sono dedicate ai grandi amici di Alda, a quelle persone che hanno creduto in lei, in tutto e per tutto. In particolare, due liriche molto intense sono dedicate a Giorgio Manganelli, il suo primo grande amore. “Così, nelle tue braccia ordinatrici/ io mi riverso, minima ed immensa;/ dato sereno, dato irrefrenabile,/ attività perenne di sviluppo”.
Erotismo e misticismo, presenti in tutta la sua produzione, caratterizzano anche la seconda raccolta Paura di Dio3, dove Alda si interroga sull’identità di Dio. “Sei Colui che ha due Volti: uno di luce/ pascolo delle anime beate,/ ed uno fosco/ indefinito, dove sono sommerse/ la gran parte dell’anime”. E dove Alda è “animale all’infelice coppia/ prona su un letto povero d’assalti”, in una poesia dedicata al marito Ettore Carniti, sposato nel 1953, uomo del tutto estraneo al mondo delle lettere. Anche la morte, anche la follia, segnano questa raccolta, insieme al tema sacro, contaminato da una sensualità che angoscia e terrorizza. E la salvezza viene cercata in un Dio sconosciuto: “Da questi occhi cerchiati di dolore/ che ancora non Ti vedono, Signore,/ riflesso dentro il mondo,/ salvami Tu”.
Nel 1955 esce la raccolta Nozze romane4, ove Alda insiste sul tema doloroso dell’impossibilità a salvarsi dall’angoscia, dell’incapacità di trovare una soluzione razionale al dolore. Quasi una profezia della futura follia. Anche nella poesia che dà il titolo alla raccolta si percepisce l’angoscia di un matrimonio fantasticato, ma foriero di ulteriori sofferenze. “Come una pietra che divide un corso,/ un corso d’acqua giovane e irruente,/ tu mi dividerai con incoscienza nelle braccia di un delta doloroso”.
La raccolta Tu sei Pietro5 è dedicata al pediatra della figlia Emanuela, per il quale Alda prova un amore non corrisposto. La passione solitaria per un uomo assente ispira liriche intense, drammatiche, dolorose. Particolare la convivenza di temi religiosi ed evangelici, con altri pagani ed erotici. “E poi coglimi solo e primo e sempre/ nelle notti invocato e nei tuoi lacci/ amorosi tu atterrami sovente/ come si prende una sventata agnella”.
Poi, un lungo silenzio. Nel 1965 Alda viene internata in manicomio e la malattia assorbirà quasi vent’anni della sua vita. A periodi di stabilità si alternano i ricoveri in casa di cura. Alda non scrive, non ce la fa, perché è braccata dal terrore, perché il manicomio è l’inferno che scatena i peggiori istinti umani, perché in manicomio i dottori narcotizzano il dolore, la vita.
Nel 1979, quando il marito si ammala di cancro, riprende a scrivere. Mentre lei lentamente torna alla vita, il marito muore. Dimenticata nel frattempo dal mondo letterario, cerca di farsi ascoltare, ma tutti gli editori mostrano indifferenza.
Nasce la raccolta La Terra Santa6, in cui ricostruisce, sul filo della memoria e con estrema lucidità, l’esperienza manicomiale come luogo interiore in cui erompono il buio e la luce dell’essere umano. Nulla e nessuno può soffocare la voce di Alda, che parla e parla. E lei scrive del manicomio, della malattia genitrice di vita, degli altri disperati imbottiti di pillole, dell’attesa di un angelo, della ricerca di Dio anche con i polsi e le caviglie legate. Sono poesie che arrivano direttamente allo stomaco, come un pugno sferrato da mani grandi e generose, capaci poi di accarezzarti e chiederti perdono. A modo loro. “Fummo lavati e sepolti,/ odoravamo di incenso./ E dopo, quando amavamo/ ci facevano gli elettrochoc/ perché, dicevano, un pazzo/ non può amare nessuno”. Poi, è finalmente resurrezione, discesa all’Inferno da dove guardare le mura del manicomio, di Gerico nella sua Palestina. “Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima,/ il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola/ come una trappola da sacrificio,/ è quindi venuto il momento di cantare/ una esequie al passato”.
Affitta una camera al pittore Charles, cui dedica Poesie per Charles (in Vuoto d’amore, Einaudi, Torino, 1991). “La casa non geme più/ sotto lo scricchiolio dei tuoi passi,/ la casa non geme più/ e datemi dei rumori/ dei rumori pesanti/ datemi i rumori di Charles”.
Inizia a corrispondere con il medico e poeta tarantino Michele Pierri, ormai ottantenne. Lui rimane colpito dalla povertà e dalla solitudine di Alda. Lei arriva a mitizzarlo. I due si sposano nel 1983 e Alda si trasferisce a Taranto. Al marito dedica svariate liriche, tra le quali Per Michele Pierri (in Vuoto d’amore, Einaudi, Torino, 1991). “Non voglio che tu muoia, no./ Se tu tremassi nella morte,/ io cadrei come una foglia al vento,/ eppure con le mie grida e i miei sospiri/ io ti uccido ogni giorno”.
A Taranto Alda scrive anche le venti poesie, venti ritratti, della raccolta La gazza ladra (inedita sino a Vuoto d’amore). Di se stessa dice: “In me l’anima c’era della meretrice/ della santa della sanguinaria e dell’ipocrita”. Ma per gli altri lei è soltanto un’isterica; giudizio di uomini stolti che non sanno vedere oltre le apparenze in cui la vita sempre ci relega.
Alla morte di Pierri, Alda conosce l’internamento in una casa di cura del Sud e nel 1986 risale a Milano, dove intraprende una cura psichiatrica. Qui vive anni di grandi difficoltà economiche, ma altre opere importanti segnano la sua carriera, come il lavoro in prosa L’altra verità. Diario di una diversa7, con prefazione di Giorgio Manganelli. “Il vero inferno è fuori, qui a contatto degli altri, che ti giudicano, ti criticano, non ti amano”.
Nel 1989 Alda torna a scrivere in prosa. Ed è Delirio amoroso8, rievocazione intensa del suo internamento a Taranto e del ritorno a Milano, sui Navigli. E la prosa è venata di poesia, come potrebbe essere altrimenti? Perché solo la lirica permette di affondare con coraggio, e forse incoscienza, dentro se stessi. Fino a scoprire le radici del proprio dolore, ritrovando quel coraggio di vivere che appartiene ad Alda e non a tutti. Paradossalmente è la prosa di Delirio amoroso a dare inizio al vasto interesse che oggi circonda la figura di questa grande poetessa.
Nel 1991 muore Giorgio Manganelli. Alda si ferma e inizia a ricordare la loro grande passione, vissuta sul finire degli anni Quaranta. La sua assenza diventa presenza tangibile, dolore concreto, lacerazione bordata di malinconia. Giorgio, il suo solo “virtuale ragazzo di tutta la vita”. Un matrimonio postumo, celebrato in presenza della memoria e di immagini sorprendentemente concrete. “Tu, primissimo amore mio,/ hai avuto pudore/ del mio atroce destino,/ tu mi hai preso un giorno sull’erba,/ al calore del sole,/ la perla della mia giovinezza”.
Ballate non pagate9 contiene liriche drammatiche, ispirate e dedicate a cari amici scomparsi (Manganelli, Pierri, Spagnoletti, Dino Campana, il barbone Titano). Struggenti le liriche scritte in memoria di Roberto Volponi, figlio dello scrittore Paolo Volponi. “Chiedimi qualche cosa che mi inganni,/ la certezza che tu non sei mancato/ agli eventi felici della terra,/ o divo illustre che mi rinnovavi/ e stringendomi forte nelle spalle/ mi salvavi dal dubbio e dal veleno/ di una vita che piano si disperde”. E sono ballate non pagate, perché il lavoro del poeta non è riconosciuto e risarcito dalla società odierna, quasi fosse qualcosa di inutile.
Con il volume La volpe e il sipario10 la poesia nasce di getto, improvvisata e subito trascritta. Qui il poeta diventa attore, ora nei panni della vittima, ora del carnefice. E il palcoscenico è la vita, dove l’esile volpe si muove, pronta a scatenare tutta la sua forza contro chi la vuole sopprimere. E la volpe è Alda, donna perennemente innamorata della vita e della poesia, nonostante tutto e tutti. “Sono assetata del primo sangue/ della rima sofferta,/ verginità di lettere di amore/ e di mostruosi impatti col demonio/ perché sono viva con gli angeli/ e con gli angeli ho voglia/ di ritrovare la terra, di toccarla,/ di sentirla mia ed evangelica”.
Lorella De Bon
1 ^ Giacinto Spagnoletti (a cura di), Poesia italiana contemporanea 1909-49, Guanda, Milano, 1950.
2 ^ Alda Merini, La presenza di Orfeo, Schwarz, Milano, 1953.
3 ^ Alda Merini, Paura di Dio, Scheiwiller, Milano, 1955.
4 ^ Alda Merini, Nozze romane, Schwarz, Milano, 1955.
5 ^ Alda Merini, Tu sei Pietro, Scheiwiller, Milano, 1961.
6 ^ Alda Merini, La Terra Santa, Scheiwiller, Milano, 1984.
7 ^ Alda Merini, L’altra verità. Diario di una diversa, Scheiwiller, Milano, 1986.
8 ^ Alda Merini, Delirio amoroso, il melangolo, Genova, 1989.
9 ^ Alda Merini, Ballate non pagate, Einaudi, Torino, 1995.
10 ^ Alda Merini, La volpe e il sipario, Girardi Editore, Legnago, 1997.
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Le immagini sono (C) Carlo Peroni 2001
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